VANESSA THYES presso la Galleria LIBA

13.10.2018 – 2.11.2018: mostra personale, Galleria LIBA, Pontedera, Italy

Invito all’inaugurazione della Mostra

Inaugurazione: 13 ottobre 2018, ore 18.30

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“… conscio ad ogni modo del
nuovo principio pittorico che
ogni forma è un’apparenza
magica di tocchi e di strie
stranamente assemblati, pronte
ad involarsi e a mutare ad ogni
volgere di luce…”

R. Longhi

Ciò che appare immediatamente visibile nelle recenti opere di Vanessa Thyes è l’idea di un divenire ancora indefinito e che si manifesta nell’elaborazione, sempre più analitica, della struttura compositiva dei suoi dipinti. Più specificatamente la si riscontra nella costruzione formale della superficie, nella sperimentazione tonale dei colori attraverso il monocromo e nella ricerca di una particolare luce. Un processo in itinere inteso come espressione sia di un nuovo atteggiamento verso la composizione pittorica, sia di una diversa visione e utilizzo degli elementi propri della pittura.
Se nel suo passato come disegnatrice di tessuti, la pittura aveva una funzione strumentale, ora, come è riscontrabile nelle opere più recenti, la pittura diventa l’oggetto principale della sua ricerca; un alternarsi di riflessioni, per così dire razionali, e quelle più specifiche del fare concretamente pittura. Una sperimentazione estetica, dove l’oggetto non dipende esclusivamente da un’idea di gusto ma dalla sua funzionalità espressivo–comunicativa. E questo nuovo corso lo si individua essenzialmente su un procedere per riduzione delle componenti linguistiche. Tutto questo, come spesso l’artista afferma, alla ricerca di una definizione più specifica del proprio lavoro e di una dimensione artistica personale e individuale.
L’artista svizzera, infatti, concentra il suo operare su pochi elementi linguistici, lasciando ad essi l’interpretazione di una sua riservata, quanto libera e dinamica, interpretazione del segno, della superfice e della luce/colore.
Il suo segno appare immediato ma nello stesso riflessivo e intenso, leggero e deciso, vigoroso e delicato, che esprime una gestualità controllata; un gesto ripetuto, fluido ed ininterrotto nel raggiungere una sintesi, un punto di equilibrio, uno stato di saturazione affinché la stessa superficie si trasformi in campo pittorico. Attraverso questa costante operazione si viene materializzando il segno di Vanessa Thyes che, pur rimanendo totalmente concentrata su un pensiero iniziale, si abbandona al divenire del suo movimento, rispecchiandosi in esso e materializzando dunque quel bilanciamento formale che stimola la sua pittura. Solo attraverso un atteggiamento meditativo e in concomitanza con una libertà compositiva, si avverte la necessità che, nelle pieghe e negli strati della materia così configurata, la superficie, pur mantenendo una propria espressività, trovi un contrappeso, una sua “finita” stabilità affinché diventi il luogo del colore e della luce.
Con l’esaurimento della forza propulsiva del gesto e il conseguente equilibrio formale appare la consapevolezza, da parte di Thyes, che quella superficie non può che dialogare con il colore (assorbendolo e incorporandolo) per dare origine ad una particolare luce in costante dialogo con la realtà sottostante. Viene dunque creando un processo di contaminazione tra segni e trasparenze, tra colore e materia, tra strati e percorsi segnici, tra lucentezze e opacità. Così, stesura dopo stesura, la pittura si arricchisce nel suo apparire, lieve ed immateriale grazie alle vibrazioni che lo stesso colore produce nell’irregolarità della superficie stessa. Una fonte di luce che si confronta con il colore, con le velature, con la stessa intensità della pennellata, con il riaffiorare del bianco materico della superficie, nelle ombreggiature che la luce produce nel suo mutare. Una dinamica apparentemente incompatibile con qualsiasi programmazione aprioristica ma nello stesso tempo espressione di un preciso equilibrio cromatico, similmente ai versi che inseguono la metrica come certezza del loro essere poesia, ma dall’altro rifiutano la rima alla ricerca della consonanza o della dissonanza.
Il dialogo tra colore e superficie si fa gradualmente più intenso e libero, più immediato e più indipendente a seconda dei colori caldi o freddi, brillanti o opachi. L’operare di Thyes viene così evidenziando l’elemento di chiusura, un segno o un tratto che sospende ogni immediata proiezione. Una forma sinuosa, tratteggiata, sovrapposta cromaticamente (quasi un illusorio dripping) a chiudere l’azione pittorica. Una forma indefinibile nella sua struttura, apparentemente sospesa nel dinamico gioco di segni, di colore, di luce e ombra: l’ultimo tratto che esaurisce ogni altro operare. È solo un momento apparente poiché, come tutti i monocromi, anche quelli di Vanessa Thyes aprono a nuove attese che si manifestano nelle opere successive, dove i diversi cromatismi risentono espressamente di uno stato emozionale interiore.

settembre 2018, diego a. collovini

Luogo

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